Archivio

Archive for giugno 2008

Allora noi si partirebbe, eh?

giugno 30, 2008 47 commenti

Baciabbracciata Sullepunte, chiusi un sacco di impicci, lasciati aperti un sacco ancora più grosso di altri impicci, trovate le formiche in casa e non potute debellare (speriamo che lo faccia il padrone di casa), ecco che noi domani si acchiappano armi (poche) e bagagli (una cifra disumana) e ci si sposta verso est.

Incroceremo Roma pochissimo (verso fine luglio), Napoli un po’ di più e soprattutto la costa della Maremma grossetana. Chi ha orecchie per intendere intenda, gli altri… in camper. Avremo accesso a un computer fino al 6, poi silenzio radio quasi totale fino al 20.

Fate i bravi, le chiavi di casa NON VE LE LASCIAMO, che abbiamo visto come avete ridotto casa di Katika l’altra volta. E comunque ci siamo già bevuti tutto quel che c’era da bere!

BostonianoDavidePigrazia (in ordine rigorosamente alfabetico)

Oggi mi sento zoofilo e polemico

giugno 23, 2008 17 commenti

Oggi è arrivata una candidatura di proporzioni considerevoli per il premio "faccia da culo" dell’anno: secondo i paesi balenieri, le balene sottraggono il pesce ai poveri.

Facciamo alcune considerazioni schematiche, sì? Che magari riusciamo a fare un po’ di ordine che lo spunto mi consente di innescare una polemica mica male.

  • Chi ha detto che il pesce debba essere dell’uomo o delle balene? Se chiedete al pesce, probabilmente non è d’accordo con nessuna delle due possibilità
  • Potendo consultare le balene, probabilmente pensano che sia l’uomo a levare il pesce a loro. E probabilmente anche una certa quantità di altri animali consumatori di pesce. La maggioranza non conta più nulla?
  • Fra l’altro, parte di questo pesce viene usato per creare sfarinati che l’uomo somministra a due entità non use a mangiare pesce: i vegetali (è usato come concime) e gli animali erbivori (mangime). Cretino, no? Sottrarre a chi ne mangerebbe per darne a chi mangerebbe volentieri altro.
  • Almeno uno dei paesi balenieri, il Giappone per la precisione, assieme alla Russia, sempre per la precisione, ha comperato per un boccone di pane (a livello paese, non a livello singolo personaggio politico, che ha sicuramente gradito la sua "percentuale") i diritti di sfruttamento della pesca davanti alle coste di alcuni dei paesi dei poveri che stanno rimanendo senza pesce, uno fra tutti il Perù. Lo sfruttamento è stato talmente selvaggio che alcuni tipi di pesce azzurro, una volta abbondanti al di là del concepibile, sono praticamente estinti. E l’industria del guano, una volta fiorente, è scomparsa perché il numero degli uccelli marini è precipitato a causa della carenza di cibo 
  • Una risibile percentuale della popolazione umana dispone del 90% delle risorse del pianeta. Mi pare che ci sia da lavorare molto più su questo che su quelle ladre delle balene, se davvero ci si preoccupa dei poveri

Insomma, o hanno una faccia tosta che davvero non se ne vede il fondo o hanno una miopia gravissima. Comunque, trovo inconcepibile che si possa anche pensare di valutare razionalmente una fesseria del genere… eppure si sarà costretti a farlo. Il logico non è più in grado di difendersi da solo.

Vendetta

giugno 23, 2008 10 commenti

Tu, automobilista bastardo, che non ho manco fatto in tempo a capire se eri un deficiente su un SUV, un deficiente al telefono, un deficiente su un SUV al telefono, uno stronzo o un incapace. Tu, dicevo, che quando mi sono resa conto che eri lì ho avuto solo tempo di terrorizzarmi un nanosecondo e poi il nulla, perché ero già sotto le tue ruote. Tu mi hai tirata sotto, ammazzata per nessun buon motivo – e non cercare scuse, io non sono veloce, il tempo di evitarmi sicuramente lo avresti avuto, se avessi guidato col cervello collegato.

Però io ho impuzzolentito l’intero quartiere per un buon chilometro quadrato. E sicuramente la tua macchina ti ricorderà per una settimana, quanto sei stato stronzo. Vaffanculo.

Firmato: la puzzola morta all’incrocio davanti alla stazione di polizia.

Post in memoriam (e in ritardo) (ma tanto lui e la pazienza…)

giugno 18, 2008 12 commenti

ViperaVenerea, che ha un paio di lustri (buoni) meno di me e la memoria molto più pronta ha già menzionato in un suo post che il 16 giugno ricorreva il ventennale della morte di Andrea Pazienza, che vi piaccia o meno uno degli autori più significativi della storia del fumetto italiano (e per giunta attivo in un momento in cui di autori significativi ce n’erano svariate dozzine).

Pazienza è indissolubilmente legato a un pezzo della mia vita compreso fra i 18 e i 23 anni (quando è perlappunto morto), corrispondente grossomodo al periodo dell’università. Quegli anni sono stati talmente densi di eventi fondamentali che, per trovare un paragone, devo arrivare al passato recente (trasferimento in USA, matrimonio, primo figlio). Si capirà che quindi non riesco a pensarlo solo come un autore che mi piace molto. Mi pare quindi doveroso citare un paio di episodielli, tanto per ricordarlo.

Partiamo da quando, un bel pomeriggio, stavo tornando a casa dall’università, tutto euforico perché avevo preso 30 alla seconda annualità di letteratura inglese dopo essermi fatto un mazzo d’altri tempi a leggere l’analisi di Alessandro Serpieri sui sonetti di Shakespeare. Ho ODIATO ogni parola di quel libro. Un periodo poteva essere lungo ventisei righe, avere più parentetiche di un post medio della Rita e ricorrere a un lessico pesante, pedante, autocompiaciuto, ampolloso, desueto tale da richiedere continue verifiche su dizionari etimologici per capire qualcosa. Eppure, devo dolorosamente ammettere che, immesse nel sistema le informazioni fondamentali, quel testo ha davvero fatto la differenza che mi ha consentito prendere quel trenta senza avere MAI frequentato (e il docente, Agostino Lombardo, non era esattamente un superficiale). 
Stavo tornando a casa, dicevo, e mi sono trovato davanti alla mia edicola-spacciatore preferita. Avevo ormai istituito la tradizione con me stesso di regalarmi un fumetto di edizione pregiata per premiarmi di un esame andato bene. Guardo nella vetrina e… TO-YEAH!!! ECCOLO LA’!!! Che se ne parlava giusto col mio amico fumettaio e batteriere qualche mese fa: "Pompeo", di Andrea Pazienza. Che era un paio d’anni che nessuno glielo voleva pubblicare perché era troppo crudo e adesso è lì, disponibile e io sono lì, con i soldi a disposizione.
L’ho acquistato. Era bello, era giocondo ed era mio. Ingolosito, ho iniziato a leggerlo direttamente per strada… ma con ordine. La prefazione non si salta. E la prefazione non è altro che un disegno rappresentante Pompeo (che è l’alter ego di Andrea Pazienza, che lui suicida a fine fumetto in un vano tentativo di esorcismo che salvi il Pazienza reale) che legge. Dal testo che ha in mano s’ale un fumetto che ripete il contenuto della pagina, qualcosa del tenore di
"…non già con il consueto metodo storico, bensì ricorrendo al metodo mitico, che consente a Eliot di attingere a un mare magnum di materiale culturale e bla bla bla…"
Un fumetto (a bolle, quello dei pensieri) sale anche dalla testa di Pompeo. Un’unica parola: "Bastardo". Sulla copertina del libro: "T.S. Eliot – The Waste Land. Traduzione e commento a cura di Alessandro Serpieri"
Scusate se vi sembra poco.

Secondo episodio, avvenuto più o meno a fine maggio 1986. Andrea Pazienza fa un’ospitata in un teatro in cui succede un happening improvvisato con improbabili personaggi dell’intellighenzia sinistroide. In particolare, Pazienza compare assieme a Renato Nicolini (con quell’aria da fòlaga strampalata, come lo aveva definito lo stesso Pazienza). All’uscita del teatro gli si fa la posta. Gli si protende un foglìno di carta e una penna e si dice: "Andrea, non è che per caso…" Andrea sbuffa pazientemente, prende foglìno e penna, guarda in giro per vedere su che superficie di appoggio il suo metro e novanta abbondante possa lavorare da in piedi. Le macchine sono troppo basse, opta per il mio pettorale destro e, in dicannove tratti contati, mi spara una testa di Zanardi con sigaretta accesa. Mi sembrava che potesse essere l’inizio di chissà che frequentazione, ancorché sporadica… Tre settimane dopo non c’era più. E a pensarci mi sembra ancora sbagliato.

Categorie:Uncategorized Tag:,

Prove tecniche

giugno 17, 2008 38 commenti
  • Chitarra maraglia: CHECK
  • Maglietta del gruppo di papà: CHECK
  • Amplificatore più grosso di me: CHECK
  • Espressione cool: CHECK
  • Mamma tagliata quanto possibile dalla foto, che non si veda che tiene sia me che la chitarra: CHECK

Sono ufficialmente pronto per presentarmi ai fans. Niente applausi, grazie

Rockstar

Venerdì scorso…

giugno 5, 2008 42 commenti


E insomma, i concerti sfigati fanno parte del gioco. En privé, Rita dice: "Sarà andata da novemmezzo e non da dieci, conoscendoti, và…"

E invece, la nostra performance è stata da diciamo seiemmezzo, ma si è consumata davanti a un pubblico che, data l’ora, è partito con una trentina di persone (in un posto da dieci volte tanto, messi comodi) che sono scemate via via fino a dieci. "L’ora" significa da mezzanotte e venti all’una e venti su per giù. Si aggiunga:

  • che, accidenti a lui, il cantante non aveva fatto il soundcheck, quindi il tecnico (che pareva il fratello gemello di Eddie, il cadavere degli Iron Maiden) ci ha messo 5 minuti a capire dove cavolo fosse attaccato il suo microfono per dargli volume
  • che, raccattando le mie carabattole per salire sul palco, mi sono perso (per poi ritrovare) il mio capotasto preferito, tutti i plettri e il mini-jack per connettere il wha-wha alla pedaliera, quindi altri minuti di panico
  • che, alla fine della prima canzone, mi sono non so come segato via un frammento di pollice destro
  • che, per piccina che fosse, la feritella ha sanguinato abbondantemente, bagnando il plettro (che per le prime 5 canzoni mi è caduto una media di due volte a canzone) e le corde della Telecaster (che il sangue, essendo più denso dell’acqua, un po’ attufava)
  • che, e questo alla fine non è dispiaciuto neanche a noi poveri quarantenni ancora svegli a quell’ora, avendoci fatto iniziare più tardi ci hanno segato via un terzo della scaletta
  • che, maledetto strozzino, alla fine il padrone ci ha messo alla porta con 150 dollari (in tutto)

Insomma, per quanto mi riguarda è stato un disastro. Né mi consola il fatto che succede anche a Pete Townshend:
"I bash away at my guitar as though it were a veal escallop I’m trying to thin down. I break my nails, I tear flesh from my fingers. I make minor cuts. Then I swing my arm at high speed, and all the blood rushes to the tips of my fingers and pours out profusely under the centrifugal force. My hand always bleeds, even today. But now I have a spray that stops the bleeding and the pain immediately."

Ecco, noi poveri sfigati a) non abbiamo Anne Leibowitz che ci fotografa, b) facciamo la figura dei coglioni che si fanno male (magari apposta) per imitare Townshend, c) non abbiamo neanche lo spray dei miracoli…

Categorie:Uncategorized Tag:,